Matera, un connubio di passione tra arte e cucina: l’evocativo dipinto di Carlo Levi “Lucania 61” si sposa con le orecchiette alle cime di rapa e peperone crusco.
Lucania ’61 di Carlo Levi
Ripensando emotivamente alla mia visita a Matera del giungo scorso, non mi soffermo più di tanto sui suoi iconici tesori rupestri, patrimonio Unesco dal lontano1993.
Un set mozzafiato fin dal primo impatto, senza dubbio, anche dal punto di vista del contesto paesaggistico. A mio giudizio, però, una bellezza troppo asettica, confezionata con quella patina artificiosa da museo a cielo aperto che cancella ogni traccia di vissuto, presente e passato.
Eppure il borgo fu densamente popolato almeno fino al 1952, quando una prima tranche di 17.000 residenti venne sfollata nel nuovo nucleo urbano a causa delle precarie condizioni igieniche in cui versavano gli antichi rioni.
La mia immagine emotiva di Matera coincide piuttosto con il telero che Carlo Levi realizzò in occasione della mostra “Italia 61”, organizzata a Torino per celebrare il centenario dell’Unità d’Italia.
Attualmente l’opera è custodita nel Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna della Basilicata a Palazzo Lanfranchi.
In “Lucania ’61” il poliedrico autore del “Cristo si è fermato a Eboli” riesce a esprimere, con tratto conciso e coerente, le anime più intime di una terra martoriata dalla miseria.
Su una superficie di 18,50 x 3,20 m. l’artista sviluppa una sorta di story telling antropologico. Nella prima scena ci propone una fase magica, ancestrale. L’antro appare come un rassicurante ventre materno in cui si rifugia un’umanità contadina, appagata perché innocente.
Nascita e morte, in questa dimensione quasi onirica, costituiscono i cardini di un’esistenza essenziale, tellurica, cadenzata sul ritmo delle stagioni. Il dolore per la perdita dei propri cari si mitiga in un’accettazione fatalistica dell’ineluttabile.
Al centro del quadro ci viene restituito uno scorcio della quotidianità delle genti di Lucania alla metà del secolo scorso, scandito da privazioni materiali e arretratezza.
Infine, nell’ultima sequenza, ecco spuntare l’alba del riscatto, simboleggiata dalla carismatica figura di Rocco Scotellaro mentre arringa i suoi sostenitori, prospettandogli la via del progresso sociale ed economico.
Un futuro contraddistinto però da luci e ombre. Divisi anche cromaticamente dal sindacalista, politico e poeta meridionalista, gli anziani lucani appaiono mummificati, abbarbicati alle loro obsolete tradizioni, incapaci di cogliere la portata del messaggio riformatore di Rocco e d’emanciparsi.
Nella galleria del Museo Nazionale, dirimpetto al telero e in dialogo con il telero, sono esposti alcuni scatti in bianco e nero di Mario Carbone; Levi usò alcuni dei personaggi ritratti come modelli per popolare il proprio affresco.
Consiglio di visionare su youtube il filmato “Lucania 61″, dove, introdotto da alcuni mostri sacri della cultura (Mario Soldati, che fu anche curatore della mostra delle regioni nell’ambito d'”Italia 61”, Calvino, Guttuso), è lo stesso pittore a illustrare i dettagli della sua creazione.
Orecchiette con cime di rapa e peperone crusco
Sul fronte dell’offerta gastronomica ho adorato le orecchiette con cime di rapa e peperone crusco. Un primo piatto rustico, privo di fronzoli, incredibilmente goloso. I sapori si rivelano decisi, le texture contrastanti ma bilanciate. Confesso che, socchiudendo gli occhi, è come se rivivessi ogni volta l’esperienza del primo assaggio tanto mi entusiasmò.
L’ingrediente più emblematico di questa ricetta è il peperone crusco.
Una precisazione: l’attributo “crusco”, croccante, si riferisce alla consistenza che il peperone assume dopo la scottatura in olio e non identifica una specifica varietà.
In genere s’impiegano i peperoni IGP di Senise, zafaran’ in dialetto, affusolati e dolci. Importato dalle Antille tra ‘500 e ‘600, il peperone trovò in questo lembo di Basilicata un habitat ottimale in cui acclimatarsi. Gli standard di coltivazione, raccolta e trasformazione sono fissati dal Consorzio di tutela dei Peperoni di Senise IGP in un rigido disciplinare.
Una volta che le bacche giungono a maturazione, acquisendo il peculiare colore rosso porpora, vengono fatte essiccare al sole, disposte in collane a spirale, serte. Non appena la percentuale d’umidità si attesta tra il 10 e il 12% sono trasferite in appositi locali arieggiati per completare l’essicazione. È poi previsto un ulteriore trattamento in forno per eliminare ogni residuo d’umidità. Fuori dal suo areale di produzione, si può reperire il peperone di Senise nelle rosticcerie e drogherie più fornite ma non certo a prezzi vantaggiosi (ad esempio, a Genova lo vendono su alcuni banchi del Mercato Orientale, 8 euro all’etto).
👩🍳 Ingredienti per 4 persone:
500 gr. di orecchiette fresche;
1 kg di cime di rapa;
3 o 4 peperoni cruschi + 1 x ciascun commensale da disporre come guarnizione;
2 spicchi d’aglio;
4 – 5 cucchiai di pan grattato (la granellatura deve essere grossolana);
olio evo e sale q.b.
Preparazione
Laviamo e mondiamo le cime di rapa, privandole dei gambi più coriacei e delle foglie meno tenere o già appassite. Volendo, possiamo tagliarle a listarelle.
Mondiamo anche i peperoni cruschi, asportando il peduncolo e, con le dita, svuotandoli dei semini.
Dopo aver scaldato in una padella 3 cucchiai d’olio, ci passiamo le briciole del pane, abbrustolendole. Questioni d’attimi. Le ritiriamo, mettendole ad asciugare su un foglio di carta assorbente.
Portiamo a bollore l’acqua in una pentola sufficientemente capiente, saliamo e uniamo le cime di rapa che lasceremo cuocere per 6 minuti.
Frattanto in un’altra padella versiamo abbondante olio evo e doriamo i 2 spicchi d’aglio (consiglio di spellarli e inciderli a pettine). Possiamo risparmiare sulla quantità d’olio inclinando la padella come da foto.
Non appena l’aglio si colora, iniziamo a scottare i peperoni. Consiglio di procedere uno alla volta per meglio monitorarli. Di fatto i peperoni subiscono uno shock termico più che essere soggetti a un’effettiva cottura. Dieci secondi per lato al massimo. Vedremo che si gonfieranno e il rosso della buccia tenderà a cangiare, guadagnando in vividezza. Attenzione però a non tergiversare: anche una frazione di troppo e i peperoni imbruniranno diventando irrimediabilmente amari.
Man mano che cuociono li collochiamo sulla carta assorbente. Alcuni minuti di riposo servono al peperone per sviluppare la tipica croccantezza.
Buttiamo le orecchiette con le rape (cottura circa 6-7 minuti). Su un tagliere sminuzziamo al coltello i peperoni cruschi, eccetto quelli necessari a guarnire.
Quando le orecchiette sono al dente, scoliamo il tutto. Trasferiamo orecchiette e cime di rapa nella stessa pentola in cui le abbiamo fatte bollire. Condiamo con l’olio che ci è servito per scottare i peperoni. Saltiamo a fiamma vivace . Fuori dal fuoco aggiungiamo il trito di peperone crusco e le briciole di pane. Amalgamiamo, unendo mezzo bicchiere d’acqua di cottura e scuotendo la pentola in modo da liberare gli amidi delle orecchiette, conferendo così cremosità al condimento.
Impiattiamo, grattugiandovi, se gradita, della ricotta salata.